Firenze, 30 giugno 2023 – “Vinto il ricorso dalla famiglia Festari: L’indennità, ancora distante dal risarcimento adeguato, supera di oltre quattro volte il misero valore iniziale offerto dal Ministero. Inoltre, dopo 500 anni, disegni di Michelangelo incredibilmente dichiarati non originali, mettendo in dubbio la parola del genio Buonarroti e del Vasari.”
Dopo 6 anni dall’esproprio per 1 milione e mezzo di euro, è stata finalmente completata la prima valutazione del prezioso carteggio noto come Archivio Vasari da parte della Corte d’Appello di Firenze.
La perizia ha stabilito il valore venale dell’archivio pari a 63 milioni di euro.
È importante sottolineare che questa valutazione si basa su di un criterio di stima per comparazione anche se alcune opere di Michelangelo Buonarroti, per un motivo incomprensibile non sono state prese in considerazione come “originali”.
È paradossale, considerando che Michelangelo stesso scrisse all’amico Giorgio Vasari “Messer Giorgio perché sia intesa la dificulta della volta che io vi mandai disegniata ve ne mando la pianta che non la mandai allora” e quest’ultimo, nella sua opera “Le Vite“, affermò che erano “lettere e disegni scritte di suo pugno“.
A conferma di ciò, una vasta gamma di esperti d’arte, tra cui Paola Barocchi, Charles de Tolnay , Millon-Smythe e Carmen C. Bambach e molti altri, ha costantemente riconosciuto l’originalità di tali disegni.
Nonostante tali documenti siano sottoposti a notifica di interesse storico come disegni del Michelangelo e siano stati espressamente espropriati come tali, ai fini della valutazione viene ora scritto che “una notifica di interesse storico non è garanzia di originalità”.
Si può supporre quindi che tutto il patrimonio culturale nazionale sia presumibilmente non originale.
Al fine di evitare di riconoscere l’adeguato indennizzo, le istituzioni italiane hanno quindi scelto di etichettare come “non originali” i disegni di Michelangelo, arrecando così un danno non solo a noi, ma anche al prezioso patrimonio culturale italiano e mondiale.
La stima per comparazione in sede di CTU ha omesso poi di considerare la vendita avvenuta nel 2009 per un importo di 150 milioni di euro, un dato di fondamentale importanza che però le istituzioni hanno sempre tentato di svilire ed infangare sulla base di presunti illeciti, nonostante all’epoca la magistratura abbia condotto una lunga indagine senza rilevare alcun tipo di irregolarità: “poiché il fatto non sussiste”.
La mancata conclusione di quella vendita fu causata esclusivamente da gravi e illegittime interferenze delle istituzioni, le stesse che oggi sono giunte a smentire l’autenticità del “divino Michelangelo” per non pagare.
Abbiamo inoltre esplicitamente chiesto che, così come per il patrimonio della Fondazione Buonarroti di Firenze (valutato in bilancio per oltre 800 milioni di euro), ai fini della perizia fosse considerato il criterio valutativo basato sull’assicurazione contratta in occasione della mostra del 2016 dietro Ordinanza del Tribunale di Arezzo.
Tale polizza, con clausola di stima accettata, copriva esclusivamente il rischio ed il risarcimento in caso di sinistro per i soli documenti esposti in mostra assicurati ad un valore di 90 milioni di euro.
Sorprendentemente il giudice ha risposto che il valore assicurativo di un bene non ha alcuna relazione col suo valore effettivo.
Risulta pertanto incomprensibile come la Corte dei Conti, nel caso Fondazione Buonarroti di Firenze, possa aver accettato lo stesso criterio ritenendolo completamente valido e certificando il bilancio.
Nonostante 63 milioni di euro siano ancora una cifra lontana dal valore reale dell’Archivio nella sua completezza, il tribunale ha ritenuto di dover applicare sul valore venale della CTU una drastica riduzione, pari addirittura al 90%.
A fronte di tale decurtazione in palese contrasto con ogni norma italiana ed europea, ci viene quindi oggi riconosciuta un’indennità di 6 milioni e 346 mila euro, un decimo del valore di mercato così come periziato.
Ebbene, questa cifra supera comunque di oltre quattro volte la ridicola somma che il Ministero aveva inizialmente riconosciuto come indennità d’esproprio e che aveva cercato di far valere in varie occasioni passate per privarci dell’Archivio.
Questa sentenza pertanto certifica in primis che l’offerta di 1 milione e mezzo di euro era senza ombra di dubbio un palese tentativo di “scippo”.
Questa sentenza rappresenta inoltre un passo in avanti riconoscendo ciò che da anni sosteniamo: il valore dell’Archivio Vasari non può essere ridotto a soli 200 euro per foglio.
Le prossime azioni che pertanto andremo ad intraprendere saranno il ricorso in Cassazione e, se necessario, quello davanti alla Corte Europea, al fine di ripristinare la verità assoluta e porre finalmente fine ad un abuso che si perpetua da oltre 30 anni.
In copertina sono riportati i disegni di Michelangelo Buonarroti, da sempre considerati autentici e che ora improvvisamente, per le istituzioni italiane non sono più originali, solo ed unicamente per avere un risparmio economico.
Firenze 30 giugno 2023
Famiglia Festari