Nel gennaio del 2017, dopo vari ed infruttuosi tentativi di richiesta effettuati in passato, la Procura della Repubblica di Firenze finalmente «ritrova» e consegna ai Fratelli Festari il faldone delle indagini svolte nel 1994 dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale a seguito della denuncia inerente il furto avvenuto nel 1980.
Da notare che i Soprintendenti Diana Toccafondi, Paola Benigni e dott. Litta, per anni ha dichiarato di non aver mai potuto procede col recupero delle filze di Yale, per mancanza di una denuncia di furto da parte dei proprietari (cosa fra l’altro non necessaria ai fini di rogatorie internazionale inerenti beni notificati una volta che questi siano individuati).
Dal fascicolo dell’inchiesta emerge la comunicazione del Nucleo dei Carabinieri alla Procura della Repubblica di Firenze di valutare l’opportunità di iniziare rogatoria internazionale nei confronti della Yale University.
Nei documenti sono riportati tutti gli interrogatori durante i quali furono sentiti vari soggetti, compresi i relatori al Summit dell’Università di Yale ovvero Acidini, Cecchi e Testaverde, nonché il Soprintendente Borgia.
Tutti dichiararono la conoscenza del furto avvenuto nel 1980 e che la proprietà dei documenti trafugati era della Famiglia Festari.
L’indagine sarà poi misteriosamente archiviata nel 2005 dal P.M. Tommaso Picazio, senza avvio di rogatoria internazionale, né comunicazione alcuna ai proprietari dell’Archivio Vasari, circa l’archiviazione delle indagini stesse.
La Diffida dei Fratelli Festari al Ministro Dario Franceschini
In data 14 marzo 2017, a fronte del ritrovamento del fascicolo, la Famiglia Festari invia DIFFIDA il Ministro Franceschini, affinché venga intrapresa rogatoria internazionale per il recupero delle 3 filze mancanti, ufficialmente detenute senza titolo ed illegalmente dalla Università di Yale ed affinché sia posto fine allo smembramento dell’Archivio Vasari, sottoposto ad una procedura esecutiva, intrapresa solamente su 31 delle 34 Filze dell’Archivio Vasari, nonostante l’articolo n. 20 del Codice Dei Beni Culturali lo vieti espressamente.